Spulciando in rete, sono inciampato nelle rilevazioni Istat sulla nostra SAU (la superficie agricola utile, quella che possiamo coltivare o adibire a bosco). Ci sono tante cosette interessanti, riguardo la ripartizione delle varie colture e relative superfici. La SAU è un parametro importante, e fotografa la quantità di terreni realmente disponibili per l’attività agricola.
Mi è però venuta la voglia di fare un confronto, rozzo e veloce, sulla dotazione degli italiani in termini di SAU: in pratica, basta prendere il dato Istat in ettari riferito ad ogni singola regione e dividerlo per gli abitanti del caso. Il dato sulla superficie agricola utile fornito dall’Istat è aggiornato al 2007, mentre la popolazione viene da qui. Ci sono ovviamente delle incongruenze in questa semplice analisi, che non tiene conto conto della qualità dei terreni e delle differenze esistenti tra le varie province; ciononostante, mi pare un utile esercizio contabile.
Il grafico risultante, qui a fianco, si commenta facilmente anche da se: esistono enormi scostamenti tra i vari dati regionali. Per l’Italia intera, in media ogni abitante dispone di circa 2960 metri quadrati di terreno coltivato o a bosco. Regioni come l’Emilia Romagna, la Toscana o la Puglia mostrano superfici coltivabili per abitante abbastanza simili al valore medio. A fare impressione sono i valori estremi, che si registrano in regioni come Lombardia, Lazio, Campania e Liguria: in questo caso, non si raggiungono nemmeno i 1700 metri quadri pro capite, con punte tragicamente negative per i liguri ed i lombardi.
Su questa faccenda sarà il caso di meditare, in vista di un futuro nel quale gli italiani dovranno affidarsi ad una agricoltura a filiera corta per la propria alimentazione. Se devi utilizzare i terreni del vicinato per mangiare, è bene che questi terreni esistano. In caso contrario, in situazioni di grave sovraffollamento, potrebbero esserci guai seri in arrivo.
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Chiedo cortesemente se fosse possibile avere un dato aggiuntivo, ossia, la superfice necessaria utile per abitante, chiamiamola SNU, mettendo a paragone con un rapporto, la SAU con la SNU possiamo ricavare il valore di autosostentamento di un territorio.
Idea teoricamente logica, ma molto difficilmente praticabile. La superficie necessaria al sostentamento dipende soprattutto da fattori culturali: se pretendiamo di mangiare molta carne aumenta a dismisura, e comunque dipende da fattori climatici.
A livello teorico si potrebbe provare a considerare un fabbisogno calorico di 2800 Kcal/giorno per persona e confrontarlo con le rese alimentari delle coltivazioni comuni. Questo taglia fuori cose come frutta, verdura, pesce catturato e salute. Non so se abbia senso.
Alcune fonti riportano un fabbisogno di suolo coltivato per abitante “occidentale” per anno pari a 8.000 mq (0, 8 ha): questo significa che in Italia, dove i terreni di pianura non superano i 5 milioni di ha, avremmo una necessità, per essere autosufficienti, di ben 40 milioni di ettari, ossia una superficie agricola 8 volte maggiore di quella effettivamente utilizzata. Significa anche che il deficit è colmato a spese di altre nazioni, dove si coltiva per esportare da noi. Però, dato anche che a livello mondiale la SAU è ampiamente insufficiente per l’attuale popolazione totale del pianeta , qualcuno mangia meno o non mangia affatto. A questo deficit “matematico” si aggiunge un ulteriore deficit dovuto al fatto che la redditività economica di painte non alimentari (ad es. per biocarburanti, tabacco, fibre tessili, droghe, cosmetici, medicinali ecc.) fa si che una percentuale significativa di suolo sia sottratta ai fabbisogni alimentari locali. Sul tema ho scritto un breve racconto divulgativo:
Per avere qualche dato più preciso si veda “Le mucche non mangiano cementi” di Luca Mercalli