Iran si, Iran no…Iran perché mai? Si è discusso parecchio in giro sull’opportunità o meno di sommergere con le bombe la gloriosa Persia. A parte le chiacchiere sul nucleare e le sparate contro Israele non mi pare di vedere – per ora – cose molto concrete attorno a queste tentazioni di guerra. E poi gli Usa stanno già rischiando la bancarotta a causa di avventure militari poco riuscite. Avranno tanta voglia di rischiare ancora?
Proviamo a fotografare la situazione: l’Iran cosa rappresenta oggi? E’ una nazione piuttosto progredita, a livello industriale; e produce il 5,2 % del petrolio estratto al mondo (almeno nel 2010) stando a quelli di BP. Non è il 12 % dei sauditi, e nemmeno il 12,9% dei russi; ma è comunque tanto, più di 200 milioni di tonnellate annue. Poi c’è il gas, sempre più interessante: anche qui gli eredi dei persiani si fanno notare, con un buon 4,3 % del totale estratto al mondo. Meglio dei sauditi. Pare anche che stiano per estendere molto le proprie riserve di metano, con il giacimento di South Pars, che in realtà è poi in buona parte sotto controllo del Qatar. Il giacimento potrebbe contenere gas naturale in quantità superiore alle riserve provate dell’intera Europa. Insomma, una torta appetitosa: se ti avanza un carico di bombe che non sai dove mettere, questo è un bersaglio interessante. Non sono sicuro del fatto che i costi di una guerra si ripagherebbero, ma certa gente forse è convinta di si.
Così però ci guardiamo l’ombelico: le risorse energetiche iraniane vanno messe in un contesto più ampio. Vediamo i contendenti, gli Usa: come ben si sa, i fratelloni d’America hanno passato il picco di produzione del petrolio già nei primi anni ’70. Nel 2010 estraevano a casa propria 339,1 milioni di t di petrolio. Non male per una nazione normale, ma loro non sono mica normali: sono americani. Nello stesso anno hanno bruciato ben 850 milioni di t di greggio. Una notoria follia, si mangiano da soli il 21 % del petrolio consumato sul pianeta.
Il movente per il delitto potrebbe esserci, e le armi non mancano nemmeno. Ma la vicenda non è così semplice: il controllo delle risorse energetiche di questa o quella nazione ha significato solo se è raffrontato alle alternative disponibili. Non è intelligente andare dall’altra parte del mondo a prendere qualcosa che magari hai dietro casa. Quindi perché gli statunitensi non cercano petrolio un po’ più vicino? Beh, lo fanno già: Canada e Messico sono vicini, e producono molto greggio. Il Canada cresce da tempo, nel 2010 ha fornito 162,8 milioni di t. Il Messico invece declina, seguendo le sorti del giacimento gigante Cantarell: sta a 146,3 milioni di t per anno. Nel 2004 erano 190,7. Mettendo assieme tutte le produzioni ed i consumi esistenti in Nord America, otteniamo che l’area produce 648,2 milioni di tonnellate di petrolio e ne consuma 1039,7. Un deficit di circa 392 milioni di t ogni anno. Più di 5 volte il consumo italiano: riflettiamo su quante nazioncine europee il pentagono debba sacrificare per garantire lo status quo energetico agli americani. Riflettiamo anche sul fatto che Messico e Canada consumano per i fatti loro circa 190 milioni di t / anno.
Beh, questo approccio è riduzionistico: allarghiamo lo sguardo alle Americhe in senso lato. Mettendo assieme Nord e Sud America, osserviamo produzioni di petrolio per 998,2 milioni di t / anno; i consumi assommano a 1321,7 milioni di t / anno. Il deficit si riduce a 323,5 milioni di t / anno. E’ quasi invariato anche includendo un altro continente. Rammento poi che i petroli venezuelani e canadesi sono in gran parte schifezze impossibili da lavorare, oli pesanti, o addirittura scisti e sabbie bituminosi. Il consumo di petrolio Usa è un vero buco nero disgraziatamente inserito in un’area continentale che non ha la capacità di sopportare una simile presenza. E questa cosa spiega piuttosto bene la passione per la guerra dei politici Usa, e la loro propensione ad impicciarsi degli affari di nazioni che stanno dall’altra parte del pianeta.
C’è però un lato della vicenda differente: esistono altre aree ricche di idrocarburi al di fuori del Medio oriente. E ovviamente esistono altri consumatori diversi dalle nazioni americane. Un caso tra tutti è quello dell’Europa: un grande consumatore di idrocarburi, con produzioni incamminate verso il tramonto. Fatta eccezione per la Russia, grande produttore dotato di importanti riserve; una nazione da sempre desiderosa di acquisire un peso maggiore nella politica europea. Mettendo sul piatto le nazioni d’Europa meno la Russia, i consumi di petrolio assommano a 775,3 milioni di t / anno (dato 2010, sempre da BP); a fronte di produzioni in loco di appena 348,2 milioni di t / anno. Produzioni che però si trovano in parte – per più di un terzo – in Azerbaijan e Kazakhstan. Il deficit dell’Europa senza la Russia risulta essere di 427,1 milioni di t / anno; togliendo i due grossi produttori ex sovietici, il deficit peggiora. L’Europa occidentale somiglia agli Usa, in quanto ad indipendenza energetica; ma beneficia del vantaggio di consumi pro capite molto minori.
Se prendiamo ora il continente europeo nella sua interezza, includendo anche i russi – e quindi un po di Asia nell’oriente russo – osserviamo produzioni di petrolio per 853,3 milioni di t / anno; e consumi per 922,9 milioni di t / anno. Un deficit di neanche 70 milioni di t / anno. L’Europa, se riesce a fare affari con la Russia, non ha problemi inaffrontabili; l’unico problema è vedere se riesce a farli, gli affari. C’è un ex alleato che cerca probabilmente di impedirlo.
E così, eccoci qua: gli attacchi veri o raccontati alle nazioni del Medio Oriente, o dell’Africa, con finalità notorie. La brama di liquido nero. Ma anche le manovre politiche sponsorizzate da alleati infedeli nelle nazioni dell’Europa orientale hanno un odore sgradevole. Puzzano di rapina, in un caso, o di truffa nell’altro: il movente c’è. E quando c’è il movente e ci sono le armi il delitto di solito non si fa attendere.
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Verissimo tutto, manca un particolare: l’Iran produce tanto petrolio ma tantissimo di quel che produce è HEAVY oil. Al 2004 (ora la situazione è pure “peggiorata” dal punto di vista qualitativo), nel paniere di export iraniano c’erano
43% di “iranian heavy” oil
33% di “iranian light” oil
Ora il light iraniano, di cui Giappone ed Italia ad esempio hanno disperato bisogno, è molto ridotto. Anche per “colpa” della sempre peggiore qualità di greggio iraniano estraibile, dubito fortemente che verà fatte una operazione stile Libia o Iraq, impossibile. Continueranno queste operazioni sottili, di contro-spionaggio, ma invadere l’Iran non è militarmente possibile. L’unica minaccia possibile è una crisi di nervi di Israele che da sola potrebbe colpire delle postazioni militari (e/o nucleari) iraniane. Questo, a mio modesto parere… E le stesse cose possono dirsi dell’Arabia Saudita: da sempre gli U.S.A. hanno piani di invasione per continuare ed aumentare la produzione in caso di contrattempi varii, ma i sauditi già se lo sono estratto ed esportato tutto e quel che resta se lo stanno pappando con un trend di consumi interni che sale in maniera iperbolica (e qui dovrebbero intervenire gli U.S.A, fermandoli un pochino prima che il tempo dell’export finisca rapidamente, ma pazienza…).
Ah si, tutto vero. E poi ho tralasciato per stanchezza le bizze causate dalla scarsa capacità di raffinazione iraniana: con tutto il petrolio che hanno devono reimportare distillati!
In effetti non ritengo razionale una guerra nell’area; ma questo non vuol dire che i decisori politici siano razionali. L’Afghanistan è lì a ricordarcelo.