Perforazioni e terremoti: riflettiamo

La faccenda dell’induzione di sismi da parte dell’uomo è interessante, e da queste parti è stata trattata spesso; vedere qui e qui. Un argomento che spopola con gli ultimi terremoti. Tra i sostenitori di questa possibilità troviamo molte persone, e relativa produzione scritta; segnalo il post polemico ed informato di Maria Rita D’Orsogna, che punta il dito sulle attività sperimentali di fratturazione idraulica attuate in Italia negli ultimi anni. Altro bell’articolo sul tema lo troviamo su Climalteranti, a firma di Guido Barone. Cito: “…la pratica dell’Hydraulic fracking è stata accusata di avere aumentato la frequenza dei terremoti. Intorno alla cittadina di Youngstown (Ohio) si sono succeduti ben 11 terremoti, di cui gli ultimi due del grado 2.7 e 4 (alle 20.05 del 31 dicembre) della scala Richter, come segnalato da numerose note di diverse Agenzie di Stampa.  In questo caso i sismi hanno avuto un ipocentro molto superficiale (3 –5 km), per cui i danni sono stati notevoli, malgrado l’energia fosse limitata: interruzione di molte sedi della rete stradale (Figura 2) e lesioni alle abitazioni. I sismi si sono protratti per tutto il periodo del pompaggio di acqua e sabbia dopo le esplosioni iniziali…”.

Altre notizie di segno analogo le troviamo sulle voci dell’enciclopedia relative all’idrofratturazione. Cito: “…Several earthquakes, including a light 4.0 magnitude quake on New Year’s Eve that hit Youngstown, Ohio throughout 2011 are likely linked to a disposal well for injecting wastewater used in the fracking process, according to seismologists at Columbia University….”. L’articolo originale della Columbia University è ancora visibile qui.

C’è poi chi prende il tema con le molle, vedere qui e qui; o anche gli articoli pubblicati da Filippo Zuliani. C’è spazio per tante opinioni nel mare della rete; anche quelle di quanti ritengono poco rilevanti – o nulli – gli effetti delle attività antropiche sulla sismicità.

Tecnicamente parlando le pratiche che chiamiamo fracking, o idrofratturazione, vengono usate per rendere un ammasso in roccia più permeabile. La maggiore facilità di movimento dei fluidi così ottenuta permetterà di rendere accessibili idrocarburi che erano intrappolati nelle rocce suddette. Purtroppo, quando immettiamo fluidi in pressione nel sottosuolo finiamo invariabilmente con l’alterare lo stato di sforzo esistente nelle rocce interessate; e in particolare modifichiamo le forze agenti su eventuali piani di faglia. Un faglia che si trova sotto sforzo, e che delimita due volumi di roccia che contengono energia potenziale elastica, ovviamente potrebbe mettersi in movimento quando viene raggiunta da fluidi in pressione. E’ un po come lubrificare un qualsiasi contatto meccanico, con la sola differenza che le energie in gioco sono grandi.

Come mai qualcuno dice che la fratturazione idraulica causa i terremoti e qualcun altro invece no? La ragione è semplicissima, per chi capisce appena qualcosa di geologia: il fracking fatica a causare terremoti ex novo, fornisce nuova energia potenziale elastica alle rocce in misura interessante ma non grandissima. Può più probabilmente permettere il rilascio delle energie potenziali elastiche già presenti nel sottosuolo, queste eventualmente già molto grandi. Così può succedere che una operazione di iniezione di fluidi in pressione causi una torma di piccoli sismi, anche migliaia; fenomeno noto da tempo e studiato a livello accademico. Può però capitare che queste operazioni non sortiscano effetto: semplicemente perché magari vengono svolte in aree effettivamente asismiche, nelle quali le rocce non sono sede di grandi deformazioni elastiche preesistenti a cavallo di piani di faglia.

Bando alle chiacchiere. Nel documento denominato “Earthquake Hazard Associated With Deep Well Injection – A Report to the U.S. Environmental Protection Agency”, pubblicato nel 1990 ed indirizzato essenzialmente alle autorità federali Usa, possiamo trovare una messe di dati sul tema; qui una copia del testo, citato anche dall’enciclopedia in italiano. La tabella seguente riassume alcuni celeberrimi casi di micro / media sismicità correlata in maniera abbastanza chiara ad attività do iniezione o estrazione di fluidi nel sottosuolo.

terremoti indotti da perforazioni e frackingTerremoti e perforazioni negli Usa. Fonte: Nicholson, Craigh & Wesson.

Di particolare interesse risulta essere il caso Rocky Mountain Arsenal, Denver, Colorado; questo è l’esempio più studiato, e forse più famoso, tra quelli dell’immediato dopoguerra. Tanto famoso che quasi tutti gli aspiranti geologi ne sentono prima o poi parlare. Si trattava di un pozzo profondo 3.671 m, destinato a riceve rifiuti a bassa attività in forma liquida; una originale discarica piazzata nel sottosuolo. Nel grafico di pagina 7 del rapporto sono segnalati i sismi registrati ogni mese, assieme alla quantità di fluidi iniettata; un’area apparentemente asismica improvvisamente sviluppava una torma di terremoti. Sospese le operazioni, svaniva anche la sismicità.

Dunque, il pozzo di Denver iniettava a pressione di 76 bar; intesa ovviamente come sovrappressione applicata al boccaforo, dato che una colonna di roccia di 3671 metri e peso specifico, diciamo, attorno a 2300 kg/mc applicherebbe pressioni di circa 828 bar. Logico che l’ammanco fosse coperto dalla pressione prodotta alla base del rivestimento dalla colonna di fluidi iniettati! Teniamoci comunque i 76 bar, e consideriamo che in media il pozzo iniettasse 5 milioni di galloni di roba ogni mese; che sarebbero poi 18.930 mc/mese. Il gruppo di pompe destinato a svolgere il lavoro dovrà cedere energia al fluido in pompaggio in ragione del prodotto tra volume iniettato e differenza di pressione applicata. Nel nostro caso, in un mese ed in unità standard, farebbe 18.930 [mc] · 7.600.000 [Pa] = 143.868.000.000 [J]; si tratterebbe di circa 39.963 kWh. Un lavoro meccanico di questa grandezza potrebbe essere ottenuto tramite un motore diesel operante a rendimento di circa 1/3 consumando circa 9.725 kg di gasolio. Poco meno di 11,5 metri cubi di carburante.

Ora occorre fare qualche confronto, anche semplice. Ammettiamo di operare una installazione del genere per, che so, 2 anni immettendo nel suolo energia meccanica tramite fluidi in pressione per un totale di circa 960.000 kWh. A che terremoto corrisponderebbe questa energia? La relazione più semplice che mi viene in mente è quella nota proposta da Gutenberg – Richter: log10E = 4.8 + 1.5MS, da cui dedurre l’energia (in Joule) liberata dal terremoto, o la magnitudo associata ad una data energia. Nel caso di 960.000 · 3.600.000 = 3.456.000.000.000 Joule, la magnitudo locale varrebbe all’incirca 5,12. Che è tanto, vero? Però si tratta di un valore limite superiore, che non deve trarre in inganno: molta parte dell’energia fornita dalla pompa viene in realtà dissipata a causa delle perdite di carico cui è soggetto il fluido iniettato nell’attraversamento delle rocce trattate. Il sisma di magnitudo 5,5 registrato a Denver avrebbe liberato una energia di circa 1,12 · 10^13 J; più che tripla anche rispetto al valore limite teorico di cui sopra.

Il problema di questi tipi di conteggi è per l’appunto l’ammontare delle perdite: l’energia meccanica spesa dalle pompe sarebbe sicuramente confrontabile con quella di un piccolo terremoto, dannoso a livello locale; ma in realtà molta energia viene dispersa per attrito durante le operazioni. In questa zona d’ombra, difficile da quantificare in assenza di dati sulla trasmissività del reservoir, potranno fiorire mistificazioni indicibili. Resta il fatto che terremoti come quelli emiliani recenti rimangono inavvicinabili; quando si parla di 15.000 tonnellate di tritolo, i fluidi iniettati tramite un pozzo escono decisamente dal campo delle opzioni disponibili, almeno quali sorgenti di energia potenziale elastica. Può rimanere interessante la sola azione di lubrificazione dei piani di faglia.

Un’ultima considerazione: a partire dal 18 maggio, ore 00:00 UTC, in un intorno di 40 km centrato su Finale Emilia si sono registrati 1868 eventi; questo almeno fino alle 19:00 di oggi, venerdì 15 giugno. Ovviamente chi adesso andrà a ripetere la query troverà una cifra maggiore, lo sciame sismico è in evoluzione. La base dati al solito è Iside / INGV.

Nel periodo 1 gennaio 2007 – 17 maggio 2012 sono stati registrati, nel medesimo intorno circolare, 55 sismi; uno di questi aveva magnitudo 4,8 – niente danni gravi – ed era localizzato a nord dell’asta del Po e quindi dotato di scarse relazioni con l’attività che oggi registriamo nell’area delle pieghe ferraresi. Appena 55 terremoti, sparsi in un intorno ampio e pressoché irrilevanti per energia liberata.

Se questi terremoti hanno relazione con attività di iniezione o reiniezione di fluidi, lo scenario è questo: si cominciano a registrare tantissime piccole scosse, che molestano la zona per tutta la durata delle operazioni (anche anni) e che culminano eventualmente in uno o più sismi maggiori. Vedi Denver anni ’60, e tanti altri casi simili ormai entrati nella letteratura sull’argomento. Nel caso in cui invece i terremoti fossero eventi naturali, non affetti dalle artificiose variazioni di sforzo indotte dall’uomo, allora osserveremmo un sostanziale silenzio dell’attività sismica seguito da una enorme quantità di scosse concentrate in un lasso di tempo ristretto; uno sciame sismico comunemente inteso con i suoi eventi di aftershock. Ciascuno giudichi a cosa assomiglia di più il recente caso emiliano.

Update 16 giugno. Quasi dimenticavo: avete presente qual’è la più imponente opera di movimentazione di fluidi nel sottosuolo dalle nostre parti? Esatto, il sistema di teleriscaldamento geotermico della città di Ferrara. Qui qualche notizia sui piani di sviluppo, e qui alcune note tecniche generali della Regione. Chissà se le polemiche sul fracking potranno trovare un utile bersaglio alternativo.

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5 risposte a Perforazioni e terremoti: riflettiamo

  1. sesto rasi ha detto:

    a sensazione concordo con le tue analisi. E anche sull’impossibilità di stabilire l’entità della sollecitazione in base alla sola energia rilasciata. Trascurando la risposta del sottosuolo (che pure è fondamentale), la stessa energia in un punto e in breve tempo è una bomba, con calma e su migliaia di metri cubi non è niente. Sarebbe come prendere tutta la potenza contenuta nell’acqua del Po ottenuta come portata per dislivello (cioè dal monviso all’adriatico) e concentrarla in un breve tubo: ci faresti andare un immenso parco di turbine (o, per stare nel far danni, sai che bel cannone idraulico) !!!! Invece sappiamo che questa (quasi sempre) ha tutto il tempo e lo spazio per dissiparsi tra sè e sè e sul fondo del fiume, magari con qualche alluvione e ogni tanto con qualche danno se trascina a valle altro che un po’ di sassi e sabbia.

  2. fausto ha detto:

    Vero. L’equivoco scolastico di chi non apprezza la differenza tra energia e potenza è grave quanto quello di chi crede a sistemi meccanici con resa 1:1. Quando ci confrontiamo con la realtà materiale, le perdite di rendimento e la distribuzione della dimensione delle variabili sono importanti.

    A parte queste facezie, la cosa che mi preoccupa di più è questa: in Italia (e non solo) stiamo facendo fiorire inchieste e polemiche sul tema dei sismi affetti dalle attività di perforazione; e dipingiamo il tema come un “mistero misterioso” degno di arresti, perquisizioni e linciaggi. In altri contesti leggermente più evoluti, la conoscenza dell’argomento è talmente consolidata che esisteva una letteratura scientifica sul tema già 20 o 30 anni fa. Avremmo bisogno di riportare un minimo di lucidità nelle discussioni.

    • sesto rasi ha detto:

      fausto, se noti, il pubblico di blog piuttosto tecnici, o comunque di ragionamento su dati (come il tuo o quello di anna, il mio lo è un po’ meno, ho scelto così) attira i soliti, forse dotati di una preparazione di base che permette sia l’interesse per autoalimentarsi di conoscenze nuove che di seguire quelle di altri.
      Ma poi c’è un altra categoria, quella dei “complottisti”: irrompono sul tuo blog e recriminano contro qualche disegno occulto. Gratta gratta, questa visione dell’occulto non è altro che poca volontà di cercar di capire cosa succede: oltre a dove non capiscono loro, c’è complotto e mala intenzione.
      Ci si potrebbe discutere, ma quando te ne capitano di ancora convinti che ci siano le sette sorelle, da dove cominci? Tanto più che se cerchi di discutere di fatti senza far sarcasmo ti guardano (minimo) come un ingenuo che si fa raccontare balle dal sistema…

  3. Pingback: Posso dire una cosa sola: “Frack (job)” « orbitsville

  4. psicosi2012 ha detto:

    Ciao Fausto,
    complimenti, veramente un bell’articolo con importanti considerazioni e analisi.

    Purtroppo, articoli di questo tipo, vengono letti poco in confronto a tutti quelli che senza un numero in mano, cercano, riuscendoci, di convincere la gente che c’e’ qualcuno che complotta o che la fine del mondo sia ormai vicina.

    Purtroppo, molto spesso, la gente non si fida della scienza. False informazioni e film catastrofici hanno creato uno stereotipo di scienziato servo di qualche governante nell’ombra e pronto a nascondere i dati reali.

    Sono sempre convinto che la divulgazione della scienza, in tutte le sue forme, ed in modo accessibile a tutti, sia la sola chiave per far crescere culturalmente le persone.

    Un caro saluto,
    Matteo

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