Oggi facezie, per tenersi leggeri. In Italia si parla diffusamente della nostra ridicola bolla immobiliare, quella che in pochi anni ha portato al raddoppio delle quotazioni degli scatoloni di cemento che ammantano le nostre periferie. Qualche notizia in giro per la rete: allarmi sul tracollo delle mediazioni immobiliari. O ancora la conta dei danni fin qui accertati, cito: “…il rallentamento delle compravendite ha registrato un significativo -18%, in particolare soffrono i segmenti residenziale e terziario dove il segno negativo ha raggiunto il 19,6%, tiene solo il mercato degli immobili industriali (-7,9%)…”. Non male come primo trimestre. Una soluzione parziale viene proposta su Linkiesta: abbassare i prezzi e tornare a vendere. Un colpo di genio, lo ammetto.
Guardare la nostra cara, carissima Italia è come guardarsi l’ombelico: non è una visuale tanto ampia. Come sta andando all’estero? In generale non saprei, ma ho notato che stanno apparendo notizie deliranti che riguardano l’Irlanda, in sunto: “… 553.000 abitazioni costruite fra il 1995 e il 2005 per una nazione di 4,5 milioni di persone. Ma molte di esse, a seguito dello scoppio della bolla immobiliare che ha travolto l’economia irlandese, sono rimaste vuote o non sono nemmeno state ultimate. E ora sembra che la prospettiva più vicina sia quella di distruggerle. Lo segnala l’agenzia Bloomberg, che spiega come circa 1.850 edifici, la cui costruzione è rimasta ferma nel 2008, stiano per essere demoliti…”. Case mai abitate, costruite sotto la spinta della moderna divinità chiamata mercato, ed ora distrutte.
La vicenda viene discussa estesamente, in questo pezzo di businnesweek uno degli articoli di origine. Dicono che “… About 1,850 housing developments, unfinished after the bubble burst in 2008, pockmark the Irish landscape…”. Il riferimento era in realtà a 1850 lottizzazioni, altro che edifici; naturalmente solo parte di queste strutture verrà demolita. E anche: “… About 553,000 houses were built in the 10 years through 2005 in the country of about 4.5 million people, as homebuilding expanded at twice the pace of the rest of Europe. About 294,000 homes now lie empty, as prices halved. In Dublin, prices have dropped 64 percent from the 2007 market peak…”. Il testo inglese è più preciso ed utile: quasi 300.000 abitazioni vuote, e prezzi franati a livelli più ragionevoli. Stesso tema trattato qui: prezzi in discesa rapida, ma questo non sembra risolvere i problemi di fondo.
Ormai la bolla irlandese è storia, può entrare nei libri di scuola: c’è anche la voce sull’enciclopedia. Nel contesto dell’Irlanda pare che ci siano 294.000 / 4.588.000 = 0,064 abitazioni vuote per persona. Per il caso italiano, vale quanto già ricordato: se abbiamo 33 mln di unità abitative dichiarate, e di esse un 11,6 % di “immobili a disposizione”, cioè privi di qualsiasi utilizzo apparente, possiamo dedurre che la sola frazione di abitazioni sfitte intestate a persone fisiche ammonta a circa 3,83 milioni di unità abitative. Non è dato sapere con certezza quante abitazioni siano state nascoste sotto il nome di “cantieri” dai nostri palazzinari; il dato non viene pubblicato, almeno non in forma aggregata. Comunque 3,83 / 60,813 = 0,063.
In pratica, le unità abitative inutilizzate per persona sarebbero quasi le stesse nei due casi; potremmo dire che c’è una casa o un appartamento vuoto ogni 15 – 16 abitanti, in Irlanda come in Italia. Con una precisazione: la stima del caso italiano è fumosa, deve essere ritenuta una approssimazione per difetto. Manca parecchia roba all’appello.
E così in Irlanda arrivano i bulldozer – più probabilmente escavatori e pale gommate – e ripuliscono le campagne dalle fesserie del mercato. Quante risorse sciupate: con quel materiale si poteva dare casa a chi ne ha davvero bisogno. Gli esempi non mancano. Invece abbiamo gettato tutto nel falò della speculazione: ora rimane la cenere. Gli irlandesi passano per matti, ma non sono certo i primi a radere al suolo interi quartieri di palazzine destinate esclusivamente a servire gli interessi di speculatori avidi e stupidi. Gli americani avevano cominciato da anni, vedere qui o qui. Beh, Detroit è un’icona, ormai è un esempio abusato. Ma rende sempre bene, ci sono anche tanti filmati e reportage in rete.
In Italia non so cosa succederà, ma una cosa è chiara: quanto a numeri, abbiamo dato di matto anche noi. Che follia.
due mie osservazioni (nel senso proprio che mi è parso di osservare, non posso accompagnarmi con dati):
1) da sempre mi dicono che il mercato immobiliare ha molta più inerzia di qualunque altro, cioè: prima di abbassare prezzi perché non tira, devono proprio rassegnarsi in seguito ad evidenza prolungata. E quel che basisce è che pare sia lo stesso anche al rialzo (insomma non c’è il giochetto all’isteresi tipico delle commodities petrolifere, veloce su e lento giù)
2) Andai a Dublino nel 2004 per lavoro, restandoci 4-5 giorni (gli attaccai anche il week end per andare a zonzo). Mi colpì la spaventosa quantità di giovani stranieri in giro per il centro, e non certo lì a vendere magliette: era il posto più consigliato d’Europa per un 25-30 enne che desiderasse far velocemente la gavetta da manager. Le multinazionali andavano in Irlanda anche dietro a competitività fiscale fuori misura. Secondo me l’immobiliare irlandese non ha fatto che stare dietro a questo supposto sviluppo, che era la vera bolla generatrice e poi ha tutt’altro che sfondato.
In effetti è ragionevole pensare che la bolla sia nata per cause esterne; in questo caso una disordinata e tumultuosa crescita del comparto manifatturiero. Mi ricorda la bolla di Parma, anch’essa affetta da inflazione stellare e rapida espansione economica.
La lezione da ricordare è che le bolle scoppiano solo dopo aver avuto anni di tempo per divenire ben gonfie; non nascono certo la mattina per esplodere la sera stessa….
ciao fausto, ti ho dato il blogroll sul mio ioparloquantomipare.com
se ti andasse di fare lo stesso mi farebbe piacere!
a presto!!
Ricambierò sicuramente, ma porta pazienza: sono dietro ad un’altra cosa. Appena finisco provvedo. Intanto grazie, a presto.
Certo! 🙂 la pazienza è la virtù dei forti! 😀
Forse dal conto degli immobili a disposizione andrebbero sottratte le seconde case.
Si potrebbe fare, ma non so se sia il momento giusto per ignorarle. Al momento la progressiva applicazione della nuova Imu renderà particolarmente gravosa la gestione di questi immobili non indispensabili: gli allarmi lanciati dal Censis facevano perno proprio su questa tipologia di immobili, che nell’immediato potrebbe deprezzarsi in maniera importante.
La vicenda non è simpatica, dato che la solidità patrimoniale delle nostre banche è appoggiata sulle quotazioni dei mutui e degli immobili degli italiani.