Terremoto tra Emilia e Toscana

Sentito che botto? No, non le ultime sparate elettorali di Silvio e compagnia; mi riferisco al terremoto di ieri pomeriggio. Lo scossone lo ho sentito anche io a Modena, ma è durato poco; personalmente ho potuto percepire solo una oscillazione orizzontale e qualche scricchiolio. Niente danni in città, ed apparentemente anche nell’area dell’epicentro. Ma vediamo cosa dice la cartografia Iside Ingv.

Sciame sismico tra Emilia e Toscana, 25 gennaio 2013

Eventi sismici tra Emilia Romagna e Toscana, gennaio 2013. Fonte: Ingv.

L’immagine mostra gli epicentri degli eventi registrati a gennaio in un intorno di 10 km di raggio centrato sul punto 44° 10′ N 10° 30′ E.  In effetti si era registrato un sostanziale silenzio durante il mese, eccetto qualche sisma distante e modesto. Le danze si sono aperte improvvisamente con la scossa maggiore, Mw 4,8, venerdì pomeriggio; al momento lo sciame conta già ben più di un centinaio di terremoti, sostanzialmente piccoli. Le profondità degli ipocentri non sono grandissime: da un minimo di 7-8 km ad un massimo di 17-18 km. Il sisma più forte, con magnitudo 4,8, si situa a 15,5 km di profondità.

L’area interessata è al confine tra Emilia Romagna e Toscana, grossomodo a metà strada tra Pievepelago e Castiglione di Garfagnana; anche se gli eventi maggiori si registrano più che altro a ridosso degli abitati toscani. Al momento pare che non ci siano grossi danni. Interessante notare che l’energia liberata appartenga praticamente tutta al terremoto più forte: il secondo dello sciame in ordine di magnitudo arriva appena a Mw 2,8. Ce ne vorrebbero ben mille per mettere assieme l’energia corrispondente ad un evento con Mw 4,8.

Anche l’Ansa scrive qualcosa di utile sul tema della sismicità in Garfagnana, cito: “…l’ultimo grande terremoto avvenuto in quest’area risale al 7 settembre 1920, con una magnitudo stimata di 6,5. In quell’occasione, prosegue, furono coinvolti numerosi paesi della zona e i moti furono complessivamente piu’ di 300. Prima di allora non si ricordano terremoti rilevanti….”. Una magnitudo di 6,5 è una cosa grossa, siamo al di sopra degli eventi che hanno devastato la pianura modenese pochi mesi fa.

Ragionando sempre in termini di energia, possiamo considerare che l’evento appena registrato avente Mw 4,8 possa fornire una energia meccanica di circa 10^12 J; almeno se ho applicato bene la primitiva formula di di Gutenberg – Richter log10E = 11.8 + 1.5MS . L’intero sciame successivo, che ancora prosegue con eventi di magnitudo momento 1 e 2, avrebbe liberato energie dell’ordine dei 6 · 10^9 J. Con molto impegno e qualche altro giorno, forse questa torma di piccoli terremoti riuscirà a totalizzare un buon 1% dell’energia liberata dal primo evento. Se qualcuno vi ha raccontato che gli sciami sismici usuali sono in grado di scongiurare il manifestarsi un grosso terremoto, giacché ne liberano l’energia, domandategli chi gli ha insegnato a fare le somme e le divisioni. Questa è una di quelle situazioni che ci fanno comprendere quanto sia sbagliato ragionare di fenomeni naturali senza saperli minimamente descrivere in termini quantitativi.

Ora possiamo – sperabilmente – archiviare questo evento come una mera curiosità, privo com’è stato di conseguenze gravi sulle strutture e sulle persone. Almeno in termini di danno immediato. Le possibili conseguenze sui territori limitrofi però saranno chiare solo tra qualche settimana: mi riferisco alle frane. Le grandi frane a cinematismo lento, costituite da terre fini o detriti di rocce che infestano tutto il nostro Appennino. Ci sono comuni nei paraggi, come Frassinoro, nei quali il territorio disponibile è quasi interamente costituito da frane grandi o enormi. Se ci fate caso, la zonizzazione sismica oggi vigente in Italia fissa delle classi caratterizzate da un valore di accelerazione al suolo massima attesa. E questo è ovviamente il punto: a queste accelerazioni corrispondono forze che finiscono con l’agire sulle masse di terreno interessate; se queste forze si dispongono casualmente in direzione all’incirca parallela al piano di scivolamento di una grande frana, e con verso diretto a valle, allora sono guai seri. Specialmente se ci si trova già in condizioni precarie a causa di abbondanti precipitazioni e manto nevoso in parziale scioglimento.

L’induzione sismica di frane è un fenomeno molto frequente: e non deve stupire se teniamo a mente che, ad esempio, la zona sismica 2 permette accelerazioni di anche 0,25 g. Per la cronaca, le norme tecniche esistenti oggi impongono per molte situazioni – scavi, stabilizzazioni di versanti – di raggiungere fattori di sicurezza pari a 1,3. Per fattore di sicurezza in questo caso si intende il rapporto tra forze stabilizzanti, di attrito, che tengono fermo il terreno; e forze ribaltanti, conseguenti all’accelerazione gravitazionale, che cercano di smuoverlo verso il basso. Orbene, mettere sul piatto una extra forza ribaltante pari ad un 20 – 25 % della forza peso del volume di roccia interessato equivale in molte situazioni a superare di colpo le resistenze disponibili alla base dello stesso. Abbastanza ovvia l’importanza del fenomeno in termini pratici: è frequente il caso di movimenti franosi che si riattivano a seguito di sismi anche modesti.

Ora l’unica cosa rimasta da fare è incrociare le dita e sperare che quest’ultimo scossone non abbia spianato la strada a nuovi disastri; una cosa di cui il nostro territorio ora non ha alcun bisogno. Anche alla luce delle disponibilità finanziarie – nulle già dal 2010 o giù di lì – concesse dai nostri governanti in tema di difesa del suolo. Decisamente una situazione spiacevole.

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Una risposta a Terremoto tra Emilia e Toscana

  1. evergreen ha detto:

    Sono vicino agli Emiliani e ai Toscani.

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