Pubblicato su iMille.
Una proposta inconsueta attuata in grande stile poco più di un anno fa: il trasporto pubblico gratuito. Questa bizzarria non è italiana – per quanto potremmo pensare di aver prodotto effetti dimensionalmente simili con i nostri immarcescibili viaggiatori a sbafo. E’ una idea del sindaco e della amministrazione della capitale estone, Tallinn: Edgar Savisaar, politico affermato fin dai tempi del dominio sovietico, ha tentato di ridare slancio al trasporto collettivo con l’eliminazione del costo dei biglietti per i residenti. Una scelta a dire il vero non del tutto nuova, dato che esperienze simili sono esistite ed in parte sopravvivono in svariate cittadine europee di media taglia; come la belga Hasselt o la francese Aubagne. L’elemento di novità in questo caso è la dimensione: Tallinn è un piccola capitale europea di oltre 400.000 abitanti, con un certo movimento di passeggeri dalle municipalità limitrofe ed una forte tradizione turistica e mercantile. L’operazione di soppressione dei costi di viaggio per i residenti, non ancora completata, si estende ora anche ad alcuni collegamenti ferroviari con gli abitati limitrofi.
Questa singolare iniziativa ha ricevuto apprezzamenti variabili in patria come all’estero. La Commissione Europea ha salutato la decisione degli estoni come uno strumento per contenere i problemi causati dalla congestione del traffico. Possiamo conoscerne qualche dettaglio tramite la relativa rassegna stampa: “…Allan Alaküla, capo dell’ufficio UE a Tallinn, ha affermato che il bilancio annuale del servizio di trasporti pubblici della città ammontava a 53 milioni di euro, con solo 17 milioni di euro di entrate derivanti dalla vendita di biglietti, di cui 5 milioni provenienti dall’acquisto di titoli di viaggio da parte di non residenti. Con l’introduzione del trasporto pubblico gratuito per gli abitanti di Tallinn, l’amministrazione ha dovuto sostenere costi aggiuntivi pari a 12 milioni di euro: un prezzo da pagare ritenuto ragionevole alla luce dei vantaggi derivanti dall’iniziativa….”. Si noti che l’esborso aggiuntivo di 12 milioni di euro annui – più o meno 30 euro per residente – è stato varato a seguito di un referendum nel quale i tre quarti dei cittadini si sono espressi a favore dell’iniziativa. Si può dipingere questa particolare operazione in moltissime maniere, ma è fuori luogo parlare di monumentale spreco vista la pochezza delle risorse aggiuntive impiegate; e comunque non si tratta di un diktat: la scelta è stata messa nelle mani dei cittadini.
E’ tempo di bilanci, e vale la pena domandarci se questa operazione abbia sortito qualche effetto pratico. La manovra è economicamente abbordabile, visti gli importi: e potrebbe anche avere saldi leggermente vantaggiosi in caso di semplificazione ed alleggerimento del sistema burocratico sotteso all’emissione di biglietti ed abbonamenti. Ma quello che conta davvero è piuttosto: i cittadini di Tallinn usano di più il trasporto pubblico rispetto ad uno o due anni fa? In apparenza non più di tanto, stando a questo resoconto su Presseurop: “…secondo il Centro di ricerca sui trasporti dell’Istituto reale di tecnologia svedese, la gratuità dei trasporti pubblici a Tallinn ha fatto aumentare il numero dei passeggeri soltanto nella misura dell’1,2 per cento, non determinando quindi miglioramenti significativi…”. La radice dell’insuccesso ottenuto starebbe nella qualità inadeguata dei servizi: mezzi vetusti, linee inadeguate, incapacità di adattare la rete dei trasporti alla evoluzione della pianta urbana e delle relazioni con il territorio circostante. Un risultato apparentemente deludente, o perlomeno non particolarmente brillante, misurato ed analizzato dai ricercatori dell’Istituto Reale di Tecnologia svedese. La ricerca originale – per ora l’unica a disposizione, basata su dati raccolti direttamente dagli operatori concessionari dei servizi – è pubblicata anche sul sito dell’amministrazione cittadina. Si noti bene che se da un lato è vero che gli incrementi ottenuti sono scarsi, si è comunque interrotta la tendenza alla perdita di passeggeri che caratterizzava i mezzi pubblici cittadini negli ultimi anni: è dunque più corretto dire che c’è stata una inversione di tendenza, seppure in presenza di risultati assoluti ancora molto modesti.
L’idea di abbassare o rimuovere il costo dei biglietti per i sistemi di trasporto pubblico è ormai relativamente datata, e possiamo contare moltissimi e variegati esperimenti sul tema: un promemoria si ritrova anche in enciclopedia. Gli esiti sono variabili; i problemi più frequentemente incontrati sono l’avversione dei cittadini per i mezzi pubblici – tipica di alcune realtà – e l’incremento di eventi quali atti vandalici ed aggressioni. Non è in generale scontato che l’abbattimento dei prezzi possa premiare realmente il trasporto pubblico urbano: i passeggeri che ne beneficiano sono spesso così giovani o così poveri che in definitiva non avrebbero comunque potuto permettersi altro che un abbonamento ai mezzi. La fetta più interessante di viaggiatori, i lavoratori dotati di un’auto, è molto difficile da attrarre: per costoro a fare la differenza non è il costo del servizio, inevitabilmente basso rispetto al reddito, ma la qualità del servizio stesso. Offrire datate tranvie aventi velocità media di 15 km/h – o meno – può essere accettabile laddove risultino difficoltosi gli spostamenti in auto; in una città di medie dimensioni che conosce pochi ingorghi, questa performance non può bastare ad attirare passeggeri dotati di alternative più veloci. E’ probabile che l’amministrazione comunale di Tallinn debba lavorare ancora parecchio per ridare slancio al trasporto pubblico cittadino.
Dall’altra parte del pianeta, nella capitale della Colombia, esiste da più di un decennio una anomalia del settore dei trasporti che fa parlare frequentemente di sé: parliamo del TransMilenio, probabilmente il più frequentato sistema di trasporto urbano su gomma del pianeta, evoluzione dell’antesignano sistema di Curitiba. Al passaggio del millennio gli amministratori di Bogotà hanno dovuto affrontare una situazione effettivamente critica: trasporti cittadini allo sfascio, ingorghi colossali, inquinamento pervasivo e – come spesso accade – risorse scarse per realizzare infrastrutture pesanti. La risposta, anziché un mucchio di debiti per cattedrali nel deserto di incerta efficacia, è stata la realizzazione di una spartana rete di corsie riservate percorse da grossi autobus snodati. Le 12 linee del sistema principale – più o meno 112 km totali, a cui sommare 662 km di tracciati secondari – vengono percorse da 1.400 mezzi; attraendo ormai 1,6 milioni di viaggiatori al giorno. Il biglietto al costo equivalente di 0,87 – 0,93 US$ circa ha ovviamente già indotto proteste tra gli studenti, l’ultima nel 2012; ma non sembra minare la popolarità del sistema, molto gradito ad almeno tre residenti su quattro. Problemi tipici il sovraffollamento ed i furti: inevitabili dove ci sono tante persone tutte assieme, e lo sa bene chiunque abbia frequentato le metropolitane parigine. Sarà pur vero che è scorretto fare confronti con una metropoli come Bogotà, ma di sistemi simili ne esistono tanti, e funzionano bene anche in realtà dimensionalmente più modeste.
Le esperienze dei colombiani e degli estoni sembrano smentire moltissimi luoghi comuni: il primo, espresso dai redattori di Presseurop, il motto “in autobus neanche gratis”. A Bogotà le auto sono tante e le strade pure, e l’autobus costa abbastanza in relazione ai salari tipici dei residenti; eppure il servizio è un successo ormai riconosciuto perfino all’estero. La rete di rotaie e filovie di Tallinn d’altro canto non sembra proprio in grado di competere, nemmeno a regalarla: i risultati sono fin qui modesti. Quello che manca in questo caso è la percezione delle necessità degli utenti: corse frequenti, poche linee piazzate con criterio, velocità medie accettabili, mezzi decorosi, tutela rispetto ai capricci del traffico privato. Mancando queste cose, tutto il resto diviene poco rilevante: agli estoni ed ai colombiani non interessa sapere se si stanno servendo di ruote di ferro o di gomma, vogliono sapere piuttosto se il servizio che usano è efficace oppure no. Un servizio scadente o inadeguato al contesto non troverà estimatori nemmeno a volerlo regalare: sarà bene ricordarsene anche qui in Italia.
Interessante.
E’ la qualità del sistema di trasporto pubblico più che il prezzo, direi, quindi ad essere importante.
In questi casi la politica della carota sia stata accompagnata anche da quella del bastone ovvero da limitazioni draconiane al traffico privato?
“…limitazioni draconiane al traffico privato…”
Arriveranno quando saranno inutili: a cose fatte e troppo tardi. E’ più immediato operare come i colombiani: a ciascuno la sua corsia e ciascuno vada dove crede. Si può far passare abbastanza facilmente, non richiede grossi diktat; solo un minimo di cultura da parte degli amministratori locali….
L’ha ribloggato su Gianvito Scaringi.
Ma le regioni o i grandi comuni o le aree metropolitane possono gestire in proprio al cune corse ferroviarie utilizzando le strutture esistenti?
Possono fare praticamente qualsiasi cosa; qui a Modena in passato le ferrovie locali erano in mano alla locale Sefta / Atcm, azienda a prevalente partecipazione del comune. Sopravvive una gestione analoga sulla Reggio Sassuolo, con Act. Bisogna vedere se gli amministratori sono interessati o no.
Ma i colombiani non hanno le auto che hanno gli estoni. O gli italiani, se è per questo. È una questione di comodità.
Io vado a fare la spesa con la bicicletta. In venti minuti vado e torno. Se dovessi prendere un mezzo pubblico impiegherei più di un’ora. Ovviamente, i mezzi pubblici potrebbero essere più efficienti per me. Potrebbe esserci un autobus pronto a partire quando serve a me. Ma tanti altri lo perderebbero perché è partito troppo presto, mentre altri ancora dovrebbero aspettare inutilmente per un quarto d’ora. L’efficienza è relativa. È per questo che uso la bicicletta. Perché non la devo condividere con nessun altro. Più condividi qualcosa e più devi sacrificare la tua libertà.
“…Più condividi qualcosa e più devi sacrificare la tua libertà….”
Capisco. Dopo 15 anni di ingorghi sono salito su un treno: e nonostante la calca, godo terribilmente di poter coprire il percorso in meno di 10 minuti. Così il tempo risparmiato lo spendo per passeggiare: ad ognuno la sua libertà?
Sì, ad ognuno la sua libertà.