Quel che si chiede all’Argentina

Sentito parlare dell’affare Argentina? Insistono con oscillazioni tra la loro valuta ed il dollaro non completamente libere, una cattiva abitudine fin dai tempi del grande crack di quindici anni fa. A parte i dettagli su tassi ed inflazione – possibilmente taroccata – non è che ci siano poi tanti cambiamenti nello scenario economico del paese. Si sono ripresi la compagnia petrolifera svenduta a Repsol, ma è una mossa tardiva: il loro petrolio è in declino da un pezzo. In generale, si riprendono asset ormai spolpati: la verità è che i “capaci amministratori” che regalarono a destra e a manca i beni della nazione sono comunque riusciti a distruggere quasi tutto. Forse è persino inutile arrabbiarsi per la favola dei debiti a tassi da usura contratti per coprire ruberie inqualificabili: anche questa vicenda fa parte dei libri di storia, come d’altronde l’intero armamentario che costituì la grande crisi.

Se c’è una cosa che nei libri di storia non vuol mai entrare, quella è l’avidità di certi personaggi. Proprio in questi giorni sono arrivate sentenze delle corti statunitensi che giudicavano attorno alla contesa portata avanti da alcuni fondi avvoltoi. Brevemente: questi “investitori” compravano sul mercato secondario titoli argentini post bancarotta per due soldi, e portavano avanti cause legali per farseli rimborsare a prezzo pieno con interessi e penali. Legittimo, se non fosse che i suddetti debiti erano in realtà una truffa con tassi usurari organizzata da un gruppo di malandrini, intenti perdi più a svendere sottobanco il patrimonio pubblico di maggior valore agli amici degli amici. L’affare Repsol – YPF è solo la punta dell’iceberg.

Un rapido riassunto della situazione da Cepr: “….The key point here is that the lead plaintiff, NML Capital, as well as the other “vulture funds,” bought most of this debt for just cents on the dollar after Argentina’s default. NML purchased the majority of their holdings from June-November 2008, paying an estimated $48.7 million for over $220 million in defaulted bonds, a price of just over 20 cents on the dollar. The Argentine offer, far from forcing NML to take a loss, would imply a 148 percent aggregate return in terms of current market value, and would become more valuable over time. This compares to the payment formula proposed by the district court, which would imply a 1,380 percent return for NML….”. I fondi avvoltoi, capeggiati da NML Capital, comprarono questi debiti per pochi percento del loro valore dopo il default. NML ha acquistato la maggioranza delle proprie quote da giugno a novembre 2008, pagando una cifra stimata di 48,7 milioni di dollari per oltre 220 ​​milioni di dollari in obbligazioni in default, un prezzo di poco più di 20 centesimi per dollaro. L’offerta argentina, lungi dal costringere NML a subire una perdita, implicherebbe un rendimento complessivo del 148 per cento in termini di valore di mercato corrente, e diverrebbe più fruttuosa nel tempo. Questo si confronta alla formula di pagamento proposta dalla corte distrettuale [Usa], che implicherebbe un ritorno del 1.380 per cento per NML.

Non state sognando. Questi signori pretendono – a seguito di un vero e proprio raggiro in parte nazionale ed in parte internazionale – di ottenere 720 milioni di dollari in cambio di meno di 50 milioni. E’ fatica lavorare, vero? In fabbrica ci si sporca, c’è puzza e confusione, e la terra è bassa e fangosa. I soldi si fa prima a spillarli dalle tasche altrui, magari raccontando anche che è quest’ultimo il colpevole – ma un simile meccanismo accomuna in realtà quasi tutte le truffe. Senza una tecnica per far apparire il truffato come il colpevole di qualcosa, o come un allocco che si deve nascondere, nessun truffatore potrebbe proseguire la propria attività. Il senso di colpa dei turlupinati è fondamentale in questo genere di gioco.

Il disastro di allora ha avuto come vittime i cittadini, e non i banchieri come qualcuno racconta. I secondi si difendono meglio dei primi, al punto che ancor oggi guadagnano qualcosa perfino dalla gestione dei bond in bancarotta. Le sofferenze peggiori sono state rifilate ad inesperti investitori di provincia, questi si spennati ben bene; per chi tiene le redini del sistema la festa continua senza interruzioni. La parte interessante della vicenda però adesso è di tipo numerico / dimensionale: quando un tasso di interesse è legittimo e quando è usura? La pretesa di ottenere dieci o quindici volte il capitale versato è sensata? E soprattutto, è davvero una cosa fattibile? Ma in definitiva anche un raddoppio in pochi anni: se verso 50 e pretendo 100 dopo 8 anni sto chiedendo – senza anatocismo – un 9% annuo. Da dove spunteranno quei soldi? Crescita? Miracolo? Gioco di prestigio? Soprattutto, salteranno fuori o è solo una pia illusione?

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3 risposte a Quel che si chiede all’Argentina

  1. UnUomo.InCammino ha detto:

    Quella di sfruttare la fatica altrui è un patter che ha un terribile imprinti biologico, evolutivo.
    Da questo punto la globalizzazione, la tecnologia e la sofisticazione finanziaria hanno avuto l’effetto di moltiplicarne esponenzialmente gli effetti.

    E’ noto che la redditività è proporzionale al rischio.

    Quindi sarebbe altrettanto corretto che questi fondi di rapina rimanessero con un pugno di mosche in mano.
    La prima cosa è NON mettersi MAI nelle mani di creditori / usurai.
    Questo però richiede di fare il passo più corto della gamba, cosa alle quali sono intolleranti i più.

  2. ijk_ijk ha detto:

    ” E’ fatica lavorare, vero? In fabbrica ci si sporca, c’è puzza e confusione, e la terra è bassa e fangosa. I soldi si fa prima a spillarli dalle tasche altrui..”
    È un passo da incidere nel marmo!!!

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