La crescita, il pasticcino tanto desiderato dai governanti e dai banchieri; il rimedio miracoloso che viene offerto ai cittadini – o ai sudditi – davanti ad ogni problema. Bisogna crescere, diventare più grossi, più ingombranti: così paghiamo meglio i debiti, abbiamo lavoro, i conti pubblici si rimettono a posto. Eppure, al di là delle politicizzazioni, che vuol poi dire crescere? In pratica osservare un parametro, e poi tornare ad osservarlo tra sei mesi o tra un anno: e trovare che l’ultima misura eccede la precedente in quantità. Genericamente è tutto qui: parametri misurabili – fisici, economici, industriali – che si allargano ed ampliano il proprio valore rispetto ad una unità di misura presa a riferimento. Il discorso attorno ai fenomeni di crescita a dire il vero origina ben prima della civiltà umana che conosciamo: le colonie di batteri precambriani crescevano velocemente già mezzo miliardo di anni fa, ed è il concetto di crescita ad avere guidato l’espansione di una miriade di forme di vita in ogni era geologica passata. Ogni nuovo organismo, se ha voluto colonizzare l’ambiente, è stato obbligato ad accrescere numericamente la propria popolazione: in assenza di crescita demografica non si potrebbe parlare di successo per una specie vivente. La nostra moda economica contemporanea è solo un prodotto del substrato biologico che ci guida ad invadere l’ambiente da centinaia di migliaia di anni.
Ma le crescite sono tutte uguali? O ce ne sono di diverse? Non ci vuole molto a verificare, basta qualche tentativo. Immaginiamo di confrontare funzioni diverse, partendo da semplici potenze: la più semplice potrebbe essere qualcosa del tipo f(x) = a·x . Una retta che interseca l’origine degli assi, e che al crescere di x produce valori y crescenti: una semplice crescita lineare. Possiamo giocare aggiungendo costanti, ma il concetto non cambia. Aumentiamo gli esponenti: f(x) = a·x 2 . Una parabola ottenuta mettendo al quadrato i valori di x, ovviamente capace di più rapidi accrescimenti rispetto alla retta già considerata. Da ultimo, per completare il trio, una funzione esponenziale del tipo f(x) = a x . In questo caso il valore di x viene utilizzato come esponente di una potenza a base fissa, a, laddove invece nei due esempi precedenti la variabile x costituiva la base variabile di una potenza avente esponente fissato, 1 o 2 o quel che vogliamo. Chi corre più veloce? E in che termini? Restituiamo per via grafica queste ovvietà e vediamo.
E’ una questione di tempo: nel campo dei numeri reali positivi dell’esempio sopra la partita si chiude velocemente. La retta può anche partire bene, ma viene sopraffatta dopo alcuni passaggi dagli altri due ospiti. Dopo un certo periodo, l’esponenziale a base fissa vince. Questo schema però lascia aperto qualche interrogativo: da un lato è ovvio che, al passare del tempo, una elevazione al cubo prevalga su un quadrato così come un quadrato prevale su una funzione lineare. D’altro canto, qualche dubbio resta sul rapporto tra polinomi di potenze fisse e funzioni esponenziali: chi mi garantisce quale sia il campione in termini di velocità di crescita? Magari è possibile che una potenza ad esponente molto elevato prevalga su un esponenziale, ma non è affatto facile indagare cercando punti di intersezione per valori di x enormemente grandi. Il problema potrebbe essere definito in termini analitici come b x > x c : cerco il valore di x per il quale l’esponenziale al valore esponente x di una data base eccede la potenza avente base x ed un dato esponente fisso. Questa cosetta è rognosa, dato che stiamo armeggiando con una equazione trascendente. Queste equazioni contengono anche funzioni trascendenti, quindi non riconducibili a semplici sommatorie di monomi o polinomi di grado qualsiasi: gli ingredienti sono le funzioni trigonometriche, esponenziali e logaritmiche. Possiamo cercare di scavalcare il problema agendo ancora una volta sulla restituzione grafica: se non riesci a capire, puoi sempre disegnare. Magari funziona.
Il diagramma in alto rappresenta gli stessi dati per le stesse tre funzioni di prima; ma l’asse delle ordinate, anziché essere lineare, è in scala logaritmica. Questa tecnica di rappresentazione è molto usata qualora si debbano raffigurare dati estremamente dispersi in ordine di grandezza. Una cosa salta all’occhio subito: la funzione esponenziale è diversa dalle altre, risulta essere ora una retta; le altre funzioni rimangono delle curve. Se ci fate caso, anche la f(x) = x 2 è rappresentata da una curvatura avente concavità rivolta verso il basso. In pratica qualsiasi polinomio contenente potenze ad esponente fisso della variabile x – in segno positivo – finirà col comportarsi in questa maniera: curvatura con pendenza decrescente al crescere di x. Non ci vuole molto a capire cosa possa voler dire: nel piano semi logaritmico qualsiasi esponenziale, anche poco inclinato, riuscirà sempre a scavalcare qualsiasi potenza semplice, anche avente esponente elevatissimo. Perché la pendenza del primo si mantiene, mentre la pendenza della seconda funzione decresce continuamente. Per rendere meglio il concetto – tralasciando la miserrima funzione lineare, chiaramente non competitiva – possiamo provare a mettere in grafico un gruppo di funzioni esponenziali con esponente x ed un gruppo di potenze semplici della base x.
Così, è possibile tabulare funzioni diverse nel piano semi logaritmico. E le differenze si vedono bene, anche per chi ha scarsi mezzi in tema di analisi. Le funzioni in azzurro sono banali potenze della variabile x : quadrati, cubi e via dicendo. Possiamo far crescere l’esponente fin che ci pare, ma il risultato è sempre quello: come già detto, una curva con concavità verso il basso. E’ solo questione di giocare con le scale, possiamo accomodare su questo piano funzioni d’ogni sorta. In ocra sono rappresentati oggetti molto diversi: sono esponenziali, potenze a base fissa nelle quali l’esponente è ora costituito dalla nostra x. Paiono tutte rette, in questa rappresentazione che considera non già il valore f(x) ma un suo logaritmo a base arbitraria – a me piace 10. La cosa più intrigante è questa: potete aumentare fin che volete l’esponente maggiore impiegato in un polinomio comune, e potete avvicinare a piacere la base di una funzione esponenziale all’unità; ma se fate crescere abbastanza la x, se camminate abbastanza lungo l’asse delle ascisse, prima o poi l’esponenziale l’avrà vinta sulla potenza ad esponente fisso. Ma c’è modo di dimostrarlo al di là dell’intuizione grafica?
Per rispondere alla domanda, possiamo considerare in cosa consiste un diagramma semi logaritmico: nel nostro caso, in figura un asse delle ascisse che riporta in scala lineare i valori di x; ed un asse delle ordinate che invece riporta linearmente non i valori di f(x), ma bensì i loro logaritmi in una base ritenuta opportuna – per comodità 10. Il logaritmo in base 10 del valore y = 100 è l’esponente a cui devo elevare la base 10 per ottenere 100. Ovviamente vale 2, ed in pratica ogni suddivisione maggiore dell’asse così concepito copre un ordine di grandezza: ad un salto di una unità corrisponde una variazione equivalente ad uno zero in più o in meno nel valore considerato. Così ragionando, chiediamoci come mai le funzioni esponenziali del tipo e x finiscano col generare andamenti rettilinei nel piano semi logaritmico; e quale sia il comportamento delle comuni potenze di x. La risposta si può trovare osservando le proprietà dei logaritmi, in particolare con una relazione notevole che li caratterizza: loga (x k) = k · loga (x) . Questa relazione può essere applicata ad esempio alla raffigurazione di f(x) = x 2. Per rappresentare questa funzione nel diagramma semi logaritmico, potremmo calcolare il valore y = log 10 (x 2) , e disegnarlo. Ma dobbiamo anche ricordare, per la relazione di cui sopra, che questo valore in definitiva equivale a y = 2 · log 10 (x) : in pratica il prodotto di una costante equivalente all’esponente 2 e del valore del logaritmo in base 10 della variabile indipendente x. Questo basta per risolvere il primo problema: ogni potenza di x, sul piano semi logaritmico, finisce con l’essere graficamente equivalente ad una rappresentazione della funzione y = log 10 (x) del comune piano bilineare. Posto che i logaritmi di una x crescente linearmente crescono in maniera via via meno rapida, disegnando una curvatura a pendenza costantemente decrescente, abbiamo risposto ad una domanda almeno: nel piano semi logaritmico, i comuni polinomi ad esponente fissato – anche enorme – seguiranno la medesima sorte. Curvatura a pendenza indefinitamente decrescente all’aumentare di x, quale che sia il valore di x. Le differenze rimangono circoscritte a banali costanti moltiplicative.
E le funzioni esponenziali? Una funzione del tipo e x, disegnata sul piano semi logaritmico, in apparenza mi fornisce una retta. Ma chi mi garantisce che questo sia vero, in senso matematico? E per valori grandi a piacere? La risposta origina dalla medesima relazione già impiegata: loga (x k) = k · loga (x) . Quello che dobbiamo fare è domandarci quale sia il valore della funzione da trascrivere sull’asse non lineare delle ordinate: nel caso di f(x) = 5 x, varrebbe y = log 10 (5 x) . Operando la trasformazione nota, questa espressione si può riscrivere come y = x · log 10 (5) . Come dire, il prodotto della variabile indipendente x tal quale, moltiplicato per una costante fissata. Questo, a livello grafico, equivale ad una banale retta: che è ciò che vedevamo nei grafici; e questa cosa resta vera per qualsiasi valore di x impiegato, anche grande a piacere. La risposta rimane quella ottenuta per intuizione visiva dai grafici: ogni esponenziale crescente, avente anche base molto prossima all’unità, sarà sempre in grado di sopraffare qualsiasi combinato di potenze ad esponente fissato, anche in presenza di esponenti enormi. E’ solo questione di ingrandire la variabile x a sufficienza. Potenza delle crescite esponenziali, vere forze della natura: se volete riconoscerle al primo colpo d’occhio, disegnate assi logaritmici. Non vi sfuggiranno.