E così ad agosto ci rilassiamo, possibilmente all’ombra viste le temperature. Il caldo vero è arrivato in ritardo, ma alla fine è arrivato. A luglio si è fatto sentire. Andiamo all’ombra di qualche pianta, se non siamo nascosti in casa. Chiome come questa qui sotto: un bel verde intenso, un piacere quando c’è afa.
Un ippocastano, con le sue foglie e i suoi rami. La notizia dov’è? I nostri campi sono ovviamente pieni di alberi. Eppure una notizia c’è, ed è abbastanza sconcertante: l’immagine è stata ripresa agli inizi del mese di agosto, e non è questo l’aspetto tipico di queste piante in piena estate. Le foglie di ippocastani ed in subordine tigli, negli ultimi vent’anni, hanno subito sempre lo stesso destino: prendevano a seccare dal bordo, e pian piano morivano completamente. Ci dovevamo godere lo spettacolo di alberi praticamente secchi già a luglio; nessuno di noi ricordava più l’aspetto di un ippocastano in salute da decenni.
Quest’anno abbiamo una notizia sorprendente: queste piante non si sono ammalate. Qualche macchia dovuta ad un parassita specifico, qualche muffa qua e la. Ma le chiome sono nel complesso abbastanza in ordine. Piuttosto belle a vedersi; se mi avessero raccontato una cosa simile sei mesi fa, non ci avrei creduto. Diamo per scontato che le foglie di questi alberi vengano distrutte ogni anno, ormai da molto tempo. Potete leggervi la descrizione del fenomeno fornita dall’Ordine degli Agronomi modenese: “… Si tratta di una problematica molto complessa, di natura prettamente fisiologica, legata alle sempre più pressanti condizioni di stress idrico, determinate in prevalenza dalla maggiore compattezza ed impermeabilità dei suoli ed alla presenza sempre più elevata. di elementi inquinanti in ambiente, soprattutto rappresentati dai gas di scarico generati da ogni tipo di combustione (autoveicoli, industrie, riscaldamento, ecc.)…”.
Posso confermare le osservazioni dell’estensore dell’articolo. L’ultima volta che mi è capitato di vedere un ippocastano in salute in estate non ero ancora maggiorenne. E’ passato più di un quarto di secolo, e comunque il problema aveva cominciato a manifestarsi già da qualche anno. I bei viali di ippocastani che adornavano alcune delle nostre periferie si sono trasformati in orride schiere di carcasse coperte di foglie secche; le sfortunate piante ancora in piedi, tentavano di rimettere qualche foglia verde in autunno. Di annate più fredde o più calde ne abbiamo avute tante, e lo stesso dicasi per la pioggia estiva, talora assente e talora copiosa – parametri importanti, ma in questo caso non sembrano decisivi. Il problema colpisce in realtà un po ovunque in Emilia, sia esemplari isolati nelle campagne sia alberature cittadine assediate dall’asfalto. Ma quest’anno qualcosa di diverso ci deve essere stato, altrimenti come spiegare un mutamento così clamoroso? Ancora una volta, lascio indovinare a chi legge di cosa si tratti.
Pare che in tanti abbiano cercato di approfittare dell’ecobonus per le auto. Spero per auto elettriche e non per le boiate ibride.
Certo, il problema non sarà tutto e solo qui, ma a me sembra che il lockdown di quest’anno abbia radicalmente cambiato la nostra estate anche per noi umani.
Io quest’anno non ho praticamente visto la peronospora sulle viti. I miei vicini hanno dei vigneti semi abbandonati, cioè fanno solo la potatura e nessun trattamento, eppure le loro viti sono belle come le mie che sono trattate. Gli anni scorsi loro arrivavano in questa stagione con le piante quasi completamente defogliate. Io però non lo attribuisco al lockdown ed al minore inquinamento ma alla siccità che ha seccato l’aria per diversi mesi e i patogeni come la peronospora non hanno avuto il vettore umidità con cui vivere e propagarsi. Forse anche per i tuoi platani c’è qualcosa di simile.
In questo luogo delle Alpi Retiche in luoghi senza asfalto, senza siccità, senza inquinamento ,(come a casa, in Appennino bolognese) gli ippocastano hanno foglie malconcie.
Un fungo (Guignardia aesculi) e un insetto (Cameraria ohridella) sono le cause del disseccamento fogliare.
Non è escluso che, come per il peccio e il bostrico le mutate condizioni climatiche (in quest’ultimo caso estati calde e siccitose) siano concause dei problemi a questi alberi.