Sapete cosa si intende nel mondo anglosassone con le espressioni ”doctored” o “data doctoring”? Si tratta di locuzioni per certi versi dispregiative, che originano dal verbo “to doctor”. Stando ai dizionari on line che ho consultato, questi si potrebbe definire come “the action of changing the content or appearance of a document or picture in order to deceive” o ancora come “to change something in order to trick somebody”. Concettualmente, è l’operazione con cui andiamo a distorcere alcuni dati ed informazioni al fine di fornire una immagine ingannevole di una notizia o di un fenomeno. Così noi italiani potremmo tradurre di getto “data doctoring” come la falsificazione o contraffazione dei dati; non è del tutto corretto, visto che in genere non si parla di informazioni integralmente fasulle. Si tratta essenzialmente di interpretazioni ingannevoli spinte tramite una lettura faziosa di dati che in sé stessi sono sostanzialmente corretti. Falsificare un dato è una cosa, forzare una lettura fuorviante dello stesso è un’altra cosa. La secondo pratica è enormemente più efficace, e ben più difficile da smascherare.
Volete un esempio chiacchierato e famoso? Avete presente le statistiche circa gli effetti della pandemia da Covid-19? Nella prima metà del 2020 a tenere banco era stato il caso della Germania: con gli aeroporti aperti, avevano spedito in gran copia in Italia le persone infette provenienti dall’oriente che poi causarono l’avvio della prima, disastrosa ondata nostrana – o almeno questo ci siamo raccontati noi italiani. I morti di marzo ed aprile 2020 però li abbiamo visti in Italia, Francia, Spagna: non in Germania. Questa faccenda ha causato polemiche virulente, al punto di spingere molti commentatori ad accusare le autorità sanitarie tedesche di avere distorto i dati. Se i disastri lombardi prendono le mosse dagli aeroporti tedeschi, come farebbero i tedeschi a non infettarsi e a non morire? La spiegazione che andava di moda l’anno scorso faceva leva sulle definizioni formali: in Germania le persone decedute venivano dichiarate vittima di Covid solo se quella era l’unica o la prevalente causa identificabile di morte – così ci si raccontava al bar ed in TV. Et voilà: spariti cumuli di morti dalle statistiche, semplicemente adottando una definizione più restrittiva per decidere chi sia morto a causa della recente pandemia e chi invece no.
Ma questa storiella che riguarda il numero apparentemente troppo basso di vittime di Covid-19 registrato in Germania è davvero un grottesco esempio di “data doctoring”? I tedeschi hanno davvero taroccato i numeri? Come facciamo a dirlo? Facciamo un bel gioco: anziché affidarci ad un parametro che è possibile alterare con facilità, ci affidiamo ad un parametro che non si può proprio alterare. I morti di Covid possiamo farli scomparire dalle statistiche, semplicemente non eseguendo i test del caso – come capitava spesso proprio qui in Italia – oppure adottando definizioni restrittive – come sarebbe accaduto in Germania secondo qualcuno. Possiamo anche farli apparire come per magia, per esempio utilizzando test che producono tanti falsi positivi. Ma i morti sono morti: non puoi decidere di non morire. Quando muori, muori e basta: e gli ufficiali d’anagrafe, al fine di non incorrere in un bel procedimento penale, si danno un gran daffare per trasmettere alle autorità centrali la tua esatta data di morte. La mortalità totale su base settimanale è un parametro inoppugnabile. Proviamo a guardare quella, e vediamo cosa ci raccontano questi sospettabili tedeschi. La banca dati di scelta è quella di Eurostat, liberamente consultabile e fonte diretta di tutte le grafiche a seguire. Le varie nazioni sono divise in gruppi aventi caratteristiche affini.
Mortalità settimanale, gruppo I. Grafica: Eurostat.
Partiamo dai soggetti che hanno prodotto le ondate iniziali più clamorose. Si tratta nell’ordine di Italia, Spagna, Francia, Regno Unito. In questi Paesi la prima ondata Covid si è materializzata a partire da fine febbraio / metà marzo 2020. C’è sempre un gran questionare circa il fatto che la pandemia in corso abbia avuto o meno un qualche reale effetto sulla mortalità: è vero che ogni inverno l’influenza causa tanti morti, ma comunque è ben visibile per questi Paesi un chiaro incremento di mortalità. Per cronaca, si tratta di una mortalità effettivamente superiore a quella che di norma si registra con l’arrivo dell’influenza stagionale – si veda il sunto sulla mortalità in eccesso dello stesso Eurostat, ed il documento equivalente di Istat. Gli olandesi hanno subito destino analogo ai primi quattro Paesi in classifica nel primo grafico, mentre i portoghesi la prima ondata non l’hanno nemmeno vista – perlomeno non in termini di incremento della mortalità totale.
Mortalità settimanale, gruppo II. Grafica: Eurostat.
E ora qualche nazione più piccola. Prima ondata inequivocabile anche in Belgio, Svezia e Svizzera: il repentino incremento nella mortalità settimanale totale la rende subito evidente, che ci sia o meno la volontà di testare i casi sospetti. Come sempre, i morti totali si vedono; e non si prestano ad alchimie contabili. Oscillazione al rialzo modesta per l’Irlanda. Per Finlandia e Norvegia nessun effetto: non si apprezza alcuna prima ondata, e se per questo nemmeno le successive. In questo caso è ragionevole supporre che la mortalità indotta da Covid, in qualche modo rilevata dalle autorità preposte, sia essenzialmente sostitutiva: si tratta di persone che sarebbero decedute in tutti i casi, con un’altra infezione, e che invece sono inciampate proprio in questa malattia. In alternativa, volendo credere alle statistiche ufficiali, possiamo ammettere che in questi Paesi i decessi Covid siano stati semplicemente rarissimi. Le ragioni di questa situazione saranno oggetto di molte discussioni nei prossimi anni.
Mortalità settimanale, gruppo III. Grafica: Eurostat.
Adesso passiamo agli imputati: Germania, Polonia, Romania. Per polacchi e romeni calma piatta per gran parte del 2020, e mortalità in rialzo solo dalla fine di settembre. I tedeschi hanno sperimentato un numero di decessi settimanali leggermente alto ad inizio 2020, ma si tratta di una oscillazione a malapena percepibile. Anche per loro l’appuntamento con gli effetti più drammatici della pandemia è rinviato all’autunno. In questi Paesi la prima ondata non c’è stata; se è stata in qualche modo rilevata testando persone positive e quindi decedute, si tratta probabilmente di un grossolano equivoco. Non corrisponde ad alcun significativo incremento della mortalità totale, e questo è un parametro inoppugnabile: vale la pena ribadire ancora una volta che i morti totali nessuno può farli sparire, né apparire, dalle statistiche pubbliche.
Mortalità settimanale, gruppo IV. Grafica: Eurostat.
Per chiudere, la mortalità rilevata in un ulteriore gruppo di Paesi meno popolosi. Lituania e Slovacchia non hanno sperimentato nessuna prima ondata. Austria e Repubblica Ceca hanno vissuto una situazione paragonabile a quella osservata in Germania: la mortalità totale ad inizio 2020 è solo lievemente superiore alla norma, ma non produce incrementi vistosi. La Bulgaria mostra un picco lievissimo di mortalità nelle prime settimane del 2020. Probabilmente ha poco da spartire con Covid. Nel complesso, anche per questi Paesi l’appuntamento con la pandemia è stato sostanzialmente rimandato all’autunno del 2020.
Tiriamo qualche conclusione. Il continente europeo è abbastanza chiaramente diviso: da una parte i Paesi disposti ad occidente, dall’altra quelli centro – orientali. La prima ondata della pandemia da Covid-19 è evidente per gli inglesi, gli italiani, gli spagnoli, i francesi e qualche realtà più piccola come Olanda, Belgio, Svezia. I tedeschi non hanno barato: fanno parte di un gruppo di Paesi che ha sperimentato andamenti diversi. L’area germanica, l’Europa orientale ed in buona misura i Balcani la prima ondata non l’hanno vista neanche da lontano: in questi Paesi non ha prodotto effetti degni di nota. Ovviamente sono inciampati nelle ondate successive. L’idea secondo cui solo alcuni Paesi europei avessero cercato di ritoccare le statistiche – idea a cui avevo creduto anch’io – è probabilmente priva di ogni fondamento. Semplicemente esistono delle differenze geografiche reali che dividono l’Europa. Le cause di questo fenomeno saranno oggetto di discussioni in futuro, ma almeno riconosciamo la natura del fenomeno per quel che è: decisamente non si tratta di “data doctoring”.
I tuoi post sono sempre decisamente ben fatti e hanno il pregio di far utilizzare il cervello a chi li legge. Nella fattispecie l’interpretazione dei numeri è sempre difficile da mantenere neutra, anche inconsciamente si tende a leggerli in maniera “partigiana”. Personalmente ho cercato di allargare a serie che coprissero i 12 mesi per avere un’idea migliore. Purtroppo al momento ogni analisi è affetta da distorsioni dovute all’attualità dell’argomento… speriamo di poter fare analisi più neutre in un prossimo futuro.
Ciò mi preoccupa di più al momento però non sono le conseguenze “mediche”, ma quelle sociali
Il post “decisamente ben fatto” è fatto così bene che ho scordato di mettere proprio il collegamento alla banca dati Eurostat di mortalità settimanale. Il caldo non mi ha fatto bene. Provvedo alle aggiunte.
Appena mi riesce pubblico la serie storica confronto tra “decessi covid” e “decessi totali” per l’Italia. Spoiler: racconta una storia poco simpatica.
Attendo con ansia…la pigrizia è una cosa brutta…
C’è di che ringraziarti come al solito per questi post.
Proprio perchè i morti non si possono dascondere, l’anno scorso vi dei grafici molto interessanti sul delta di morti 2020 e la media dei 2-3 anni precedenti per valutare quanti “morti in piu del solito” c’erano stati. Ancora non ho visto gli stessi dati del 2021.
Per completare la ricerca occorrerebbe (e non so farlo) verificare l’andamento della mortalità media su un periodo più lungo, che permetta un “effetto cuscinetto” tale da valutare quanto la maggiore mortalità del breve periodo viene compensata di riflesso da una ridotta mortalità nel periodo seguente. Detta più terra-terra: chi muore quest’anno non muore più l’anno prossimo.