E così, con sommo ritardo, riprendiamo il filo del discorso circa la mortalità complessiva in Italia. I morti, come noto, sono morti: non li possiamo nascondere, e neanche possiamo farli apparire con qualche trucco. Statisticamente parlando, si tratta di una categoria affidabile come poche altre. In Italia abbiamo una pandemia, e abbiamo ovviamente le relative vittime: nella puntata precedente abbiamo potuto osservare da un lato l’effettiva risalita della mortalità in corrispondenza alle ondate pandemiche, e dall’altro la presenza ricorrente delle malattie stagionali; capaci di fare vittime in qualsiasi annata, e non solo negli ultimi due anni. Il bilancio finale per il 2020 è in ogni caso pesante: la mortalità complessiva è salita in modo innegabile. Forse il numero di decessi per settimana non è stato così clamoroso, neanche a marzo / aprile 2020; ma la persistenza temporale del fenomeno, in specie a partire dall’autunno, ha comunque causato un danno grave. Vediamo la contabilità finale come risulta dai dati ISTAT.
Mortalità totale annua in Italia, 1920 – 2020. Fonte: ISTAT.
Per la mortalità annua le banche dati di riferimento sono le usuali serie storiche ISTAT; dal 2002 in avanti le tavole degli indicatori demografici. Che dire? I cambiamenti importanti in Italia si sono visti nella prima metà del ‘900. Nel periodo compreso tra la fine della Prima Guerra e gli anni ‘50, si è avuta una progressiva riduzione della mortalità, intesa come numero di decessi annui per migliaio di abitanti. La Seconda Guerra ha rappresentato una interruzione momentanea per un andamento di diminuzione lineare ed apparentemente inesorabile. Dal 1948 in poi, si scende definitivamente al di sotto degli 11 decessi annui per mille abitanti. Fino ai giorni nostri, i valori tipici sono stati contenuti nell’intervallo 9 – 11 decessi annui. Questo almeno fino al 2020, e all’arrivo di Covid19: con 12,6 decessi per mille abitanti, è l’anno peggiore dal 1945. Si noti che nel periodo 2015 – 2019 il dato tipico orbitava attorno a 10,6; un incremento di 2 decessi annui per mille abitanti, o 120.000 di troppo. Ma questi decessi come si possono suddividere? Come si distribuiscono per causa? Come si relazionano alla restante mortalità?
Mortalità settimanale Covid19 & altre cause. Fonte: Eurostat, Ministero Salute.
Esercizio interessante: distinguere i morti Covid da tutti gli altri. Non è così complicato: basta sottrarre al totale – fornito da Eurostat – i decessi segnalati dal Ministero della Salute ed attribuiti alla pandemia. Ricordando ovviamente che per “decessi Covid” intendiamo i deceduti positivi ai test – senza stare qui a domandarci se sia questa la causa di morte fondamentale, cosa che dovrà essere ridiscussa a parte. La seconda immagine riassume l’operazione, dividendo i decessi per settimana. Non è poi così diversa né dalla mera proiezione della mortalità totale, né delle serie dati sui morti attribuiti nominalmente a Covid19. Vi si riconoscono tutti i picchi di mortalità già discussi. Se osserviamo bene la situazione di marzo / aprile 2020, notiamo che la mortalità in eccesso rispetto alle medie usuali è costituita da due componenti: i decessi “causati da Covid”, in alto, ed una ulteriore frazione di decessi per altre cause che sporge nettamente rispetto alla norma. Stranamente, questo medesimo andamento si ripropone anche in autunno e durante l’inverno; ad ogni ondata identificata come pandemia, abbiamo una ondata di altri decessi. I rapporti sono variabili, e non sembra sussistere una relazione temporale precisa: a primavera 2020, prima sopraggiunge l’apice della mortalità complessiva e successivamente i decessi Covid divengono frazione rilevante del totale; nelle prime settimane del 2021 accade il contrario.
Domandiamoci ora: quanti sono questi decessi “non Covid” che compongono buona parte della mortalità in eccesso visibile nei grafici? Possiamo prendere un valore di mortalità settimanale tipico per la bella stagione, diciamo nell’intervallo 2016 – 2019; l’intervallo costituito dalle settimane 21 – 40 è apparentemente adatto allo scopo. Nel quadriennio osservato, in media abbiamo 10.999 – 11.469 decessi totali per settimana; come detto, in relativa assenza di malattie stagionali. Volendo fare le differenze, è facile dedurre il numero di decessi “non Covid” che compongono le varie ondate pandemiche: per banale sottrazione della mortalità tipica di base, e quindi somma dei risultati positivi che ricadano ragionevolmente all’interno di tali ondate così come rilevate dai dati del Ministero. Nell’intero anno 2020, le settimane che potremmo considerare sono comprese negli intervalli 9 – 17 e 41 – 53. Risultato: possiamo stimare un intervallo di 58.352 – 68.692 decessi “non Covid” che contribuiscono ad ampliare la mortalità in eccesso durante le varie ondate della pandemia. Nell’intero 2020, sono stati censiti ufficialmente 74.000 – 75.000 decessi Covid, a seconda di voler stimare al 31/12 oppure comprendere la settimana 53 per intero. I morti Covid, a voler essere onesti, costituirebbero quindi grossomodo il 52 – 56 % della ipotetica mortalità “da pandemia”, o “in eccesso”, nel 2020.
E’ lecito ora domandarsi da cosa siano causati i decessi “non Covid” che costituiscono questa rilevante frazione dell’incremento di mortalità visibile durante le varie ondate della pandemia. La prima risposta banale è che si tratti di persone decedute per Covid, ma non rilevate dalle statistiche. Questa è una idea poco credibile: il morto non è il contagiato. Ci sono in gioco sintomi rilevanti, e molti decessi sono stati attribuiti a Covid in seconda battuta, riesaminando i singoli casi ed eseguendo dei test. Oltretutto il rapporto tra le due categorie di cause pare raggiungere valori di punta non così differenti durante le varie e successive ondate. Possibile che l’accuratezza diagnostica ad aprile 2021 fosse scadente come a marzo 2020? Possibile, ma non così ovvio: forse è pericoloso scommettere su una simile ipotesi. Oltretutto il clima di “caccia al positivo” che ha caratterizzato il 2020, e buona parte del 2021, dovrebbe indurre alla prudenza. Ben difficilmente i solerti “cacciatori di casi positivi” si saranno fatti sfuggire qualche deceduto positivo ai test. Ricordiamo bene questo dettaglio, prima di sospingere tesi avventate.
Abbiamo anche altri candidati per spiegare il fenomeno: Covid19 non è l’unica malattia stagionale. Banalmente, dovremmo quindi avere una marea di decessi Covid impostati sopra ad una marea di decessi in eccesso che sono dovuti ad altre malattie stagionali. La somma può spiegare facilmente il risultato, terribile. Qualcuno ha notizie dell’influenza? Di solito in inverno c’è quel genere di malattia, assieme ad un ampio spettro di para influenze, raffreddori ed infezioni associate. Problema: ci stiamo raccontando da un anno e mezzo che l’influenza non si vede più da nessuna parte almeno da marzo 2020. Stentate a crederci, vero? Eppure si tratta di un discorso popolare, lo potete notare usando una ricerca sul web. Tra i tanti articoli, possiamo scegliere quello targato Scientific American. Propone più o meno il discorso che già conosciamo: l’influenza è stata messa all’angolo a causa delle misure prese contro il più celebre Covid19. Se è vero, allora sappiamo che i morti “non Covid” semplicemente non sono morti a causa di malattie stagionali non rilevate. Se è falso, allora abbiamo mischiato i morti di influenza dentro al calderone dei morti Covid, a causa della somiglianza dei sintomi e della imprecisione dei test. Il risultato è il medesimo: questi morti “non Covid” in eccesso rimangono un mistero, ma è ragionevole supporre che non siano stati causati né da Covid19 né dalle altre tipiche malattie respiratorie stagionali.
Vi propongo una lettura alternativa, estremamente sgradevole, per giustificare questo curioso fenomeno. Avete presente cosa abbiamo fatto al presentarsi della pandemia? Abbiamo fatto, o raccontato, tante cose diverse. Ma ce n’è una che non ci siamo mai fatti mancare: i lockdown, serrate medioevali che avrebbero dovuto impedire la trasmissione del contagio. Tralascio i discorsi circa l’efficacia, forse non eccelsa, di questi provvedimenti in tema di contenimento dei contagi; ci troviamo davanti ad un circo equestre di “esperti” che da un lato raccontano di sfortunate influenze mandate in estinzione da queste misure, e dall’altro di una malattia respiratoria, detta Covid19, che continua a circolare placidamente alla faccia delle medesime misure. Fa ridere, vero? Soprassediamo. Ragioniamo semmai su un problema pratico: se chiudo in casa le persone, impedisco l’accesso ad ambulatori, ospedali e pronto soccorso, cosa mi aspetto di ottenere? I servizi in questione servono a curare i malati. Se non possono utilizzarli, saranno guai. Intuibile l’effetto: vedrò incrementare la mortalità per molte e diverse cause.
Vi sembra lunare come idea? Ma certo, stravagante ed innovativa. Così innovativa che era già discussa in pubblico un anno fa. Un testo a caso, via International Affairs: “… There has been a remarkable lack of observed statistical difference in the rates of death for countries, and for US states, that have and have not locked down …”. Bonariamente, le serrate fanno poca differenza. Ma ci sarebbero anche punti di vista diversi, tra i tanti quello rappresentato da un articolo via British Medical Journal di maggio 2020: “… At a briefing hosted by the Science Media Centre on 12 May he explained that, over the past five weeks, care homes and other community settings had had to deal with a “staggering burden” of 30 000 more deaths than would normally be expected, as patients were moved out of hospitals that were anticipating high demand for beds. Of those 30 000, only 10 000 have had covid-19 specified on the death certificate …”. Articolo vecchiotto, vero? Ma è proprio questo il dramma: il problema gestionale era chiaro a maggio 2020. E chiare erano le conseguenze. Un’ondata di mortalità in eccesso, probabilmente evitabile, perlopiù non dovuta al celebre Covid19.
Ricapitoliamo. Nel corso del 2020, abbiamo una pandemia importante ed un innegabile incremento della mortalità complessiva. Ad ogni ondata pandemica, corrisponde sì un incremento di “decessi Covid”, intesi come deceduti positivi ai test, ma anche un balzo nei decessi inequivocabilmente dovuti ad altre cause. Le spiegazioni che possiamo individuare fanno acqua: non si tratta di decessi da Covid19 sfuggiti alle statistiche, ed in generale non sono dovuti alle malattie respiratorie stagionali in senso lato. E’ lecito sospettare che si tratti degli effetti – negativi – dei lockdown che ci sono stati imposti. Il pericolo era già stato evidenziato, dati alla mano, nell’estate del 2020. I sostenitori dei vari lockdown vanno raccontando che, in assenza di provvedimenti, la situazione sarebbe stata peggiore. Dimenticano forse di spiegarci come mai in Svezia la pensino diversamente, ed anche di spiegarci quale sia il beneficio sanitario di prescrivere cose come la “vigile attesa” a persone che necessitano di cure mediche. Nel mentre, la defunta influenza sembra essere ricomparsa – almeno in TV; forse le misure di contrasto alla pandemia non la avevano fatta estinguere, forse. La questione circa le cause della eccessiva mortalità rilevata nel 2020 rimane assai fumosa: nel dubbio, mi terrò parecchi dubbi.
I dubbi sono esattamente ciò che gli esperti da operetta che ogni giorno ci vorrebbero insegnare come si fa dovrebbero avere. Purtroppo non interessa gran ché che si continui a misurare la vita di tutti i giorni come se fossimo tutti in un laboratorio. La realtà è complessa e richiede approcci diversi rispetto a ciò che si potrebbe fare anche solo in un ospedale. Ho il dubbio che si seguiti a fare cose a caso solo perché non si vuole vedere il problema per quel che è. Così facendo però la soluzione continuerà a sfuggirci.
Mhhh, morti in eccesso rispetto alle statistiche pulite dai dati covid, mhhh che potrebbe essere, che forse le terapie intensive erano piene e per un anno se non eri malato di covid non potevi andare in ospedale?
Che molta genete ha dovuto interrompere i trattamenti ospedalieri anche per malattie gravi?
Chissà …..
Già, chissà. In fondo è possibile raccontare mille storie differenti basandosi sui medesimi dati. Mi preme che vengano raccontate tutte, anche quelle poco gradevoli.
Caro Fausto, come posso contattarla in privato?
fausto [punto] melotti [chiocciola] gmail [punto] com
Buona sera Fausto, ultimamente ho provato a dare un senso alle notizie attraverso l’analisi dei numeri, ma purtroppo questi ultimi mi riportano sempre una fotografia piuttosto diversa rispetto a quanto teletrasmesso a reti unificate…
I “numeri” italiani sono almeno parzialmente contraffatti. Il rapporto iSS non lo ho voluto commentare, mi ha fatto arrabbiare. I numeri di realtà quali UK, Irlanda, Israele raccontano di una situazione grave ed in peggioramento. Scommetto che nelle prossime settimane vedremo tante rettifiche da parte dei nostri arroganti padroni.
I media convenzionali li lascerei perdere: su temi sensibili non possono far altro che tacere o mentire. Patetico.
Rimane solo da ribadire un concetto: se non si inquadra propriamente il problema non si troverà mai la soluzione