Facciamo il bilancio delle bizzarrie meteo recenti. Con lo strumento Gis della Nasa, partendo dal parametro più abusato: le temperature.
Anomalie termiche, settembre 2013. Fonte: Nasa.
Anomalie termiche, ottobre 2013. Fonte: Nasa.
Anomalie termiche, novembre 2013. Fonte: Nasa.
Anomalie termiche, dicembre 2013. Fonte: Nasa.
Anomalie termiche, anno 2013. Fonte: Nasa.
Negli ultimi quattro mesi del 2013 sono capitate varie cose: alcune i giornali le hanno raccontate, altre invece no. Avrete sentito parlare a profusione del rompighiaccio russo bloccato nel ghiaccio: la Akademik Shokalskiy dovrebbe allontanarsi rapidamente dalla posizione che occupa vicino alla base Dumont d’Urville, ma occorre attardarsi per recuperare i passeggeri in missione. L’attesa è sufficiente a permettere al ghiaccio di richiudersi ed ispessirsi – capita facilmente in Antartide – e l’imbarcazione resta bloccata, dando avvio ad una operazione di salvataggio complessa. A vicenda chiusa, vale la pena ricordare le strombazzate dei propugnatori della incipiente era glaciale – dei sogni – che hanno tanto ricamato ed ironizzato su questo evento. L’area antartica, così come l’Australia, è stata soggetta a consistenti anomalie termiche positive visibili ancora a settembre; 4 – 9 °C di troppo è già una notizia. In eredità ci rimane la montagna di cenere in cui è stata ridotta parte dell’Australia, assieme a tante simpatiche storielle.
Probabilmente non si può parlare di queste cose. Molto meglio riempire telegiornali e riviste con le notizie sulle tempeste di neve che investono gli Usa: il fresco è rassicurante. E poi è piacevole bersi un tè caldo guardando la neve dietro al vetro – finestra o tubo catodico che sia. E così giù strombazzate sulla tempesta che blocca gli Usa, la neve, il freddo. Informazione davvero corretta: al punto che quasi in nessun caso i nostri prodi informatori si sono ricordati di dirci che a novembre e dicembre si sviluppava una enorme anomalia termica positiva sulla Russia, per una estensione di diecimila chilometri o forse più. Niente inverno o quasi in Russia – e nemmeno in Italia. Per fortuna abbiamo potuto ammirarlo a New York. Tutto questo può essere fastidioso, ma in effetti non è nuovo: si tratta di dinamiche comunicative che si ripropongono ormai da alcuni anni più o meno sempre uguali.
Il fatto che la temperatura sia più alta o più bassa, occasionalmente anche di parecchi gradi, non è detto che rappresenti per forza un problema insormontabile nell’immediato. C’è un indicatore diverso che forse dovrebbe preoccuparci di più fin da subito: le precipitazioni. Se piove di meno o nel momento sbagliato le cose cambiano: e visto che questi mutamenti incidono sulla realtà locale, vediamoli per la mia regione con le grafiche di Arpa.
Precipitazioni estive in Emilia Romagna nel periodo 1961 – 1990. Fonte: Arpa.
Precipitazioni estive in Emilia Romagna nel periodo 1991 – 2008. Fonte: Arpa.
In pochi decenni, vistoso mutamento climatico. Non solo fa più caldo in estate, ma piove anche di meno. Le aree affette dal problema si allargano a macchia d’olio: ad inverni fangosi e generosi in alluvioni fanno da contraltare estati torride e prive di nuvole. Non è che sia cambiato tanto l’apporto complessivo di pioggia, che è diminuito di poco; è aumentata la disomogeneità nella distribuzione delle acque meteoriche. Se volessimo badare semplicemente ai valori medi delle temperature, potremmo notare che una anomalia di 0,6 °C non è sconvolgente; analogo discorso per la pioggia, l’apporto medio globale non è variato tanto. La realtà però è diversa: oggi siamo pieni di pioggia che fa danni a novembre o a gennaio, e sopportiamo siccità estive interminabili assieme ad ondate di calore difficilmente gestibili. Anche gli agricoltori emiliani dovranno adattarsi a questo stato di cose.
Un ultimo ingrediente peggiorativo per una situazione già problematica: la variabilità tra annate. Se le estati fossero tutte egualmente siccitose si potrebbe risolvere facilmente, ma non è questo il caso. Il bello è che si alternano annate tutto sommato normali ad annate fortemente anomale. Come nel caso dell’estate 2011, che ha causato tanti danni ai campi ed alle alberature anche attorno a casa mia. O come l’estate 2012, che ha portato al midwest americano una distruzione difficile da dimenticare – si vedano gli aggiornamenti recenti del governo. Se si vuole nascondere un problema una buona tecnica è fare un bel miscuglio – in senso temporale o spaziale – delle variabili disponibili. Una bella media annuale su un continente e – magia – scompare tutto. Ma attenzione: questo non cancella il problema. Semplicemente ci permette di patirne danni più gravi.
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